FUSIONE E FALLIMENTO DELLA SOCIETA’ FUSA PER INCORPORAZIONE

a cura dell’avv. Paolo Cagliari

Il contributo analizza la pronuncia con cui la Corte di cassazione ha confermato l’assoggettabilità a fallimento della società estintasi a seguito di fusione per incorporazione in altra società.

  1. La questione esaminata dalla Corte di cassazione

La pronuncia di Cass. civ., Sez. I, 3 luglio 2024, n. 18261, ha chiarito in che modo la fusione per incorporazione di una società impatta sulla disciplina recata dall’art. 10 l.fall., a mente del quale il fallimento può essere dichiarato entro un anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese se l’insolvenza si è manifestata anteriormente a essa o entro l’anno successivo.

  1. Fusione per incorporazione ed estinzione della società

La fusione per incorporazione era stata inizialmente qualificata in termini di successione a titolo universale, in virtù della quale si determinava l’estinzione della società incorporata e l’assunzione da parte di quella incorporante dei suoi diritti e obblighi.

A seguito della riformulazione dell’art. 2504-bis c.c. operata dalla riforma del diritto societario, si è affermato un orientamento, sposato anche dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione (con la sentenza n. 2637 dell’8 febbraio 2006), secondo il quale la fusione aveva assunto natura modificativo-evolutiva, non determinandosi un trasferimento alla società incorporante dei rapporti facenti capo alla società incorporata e l’estinzione di quest’ultima, né la creazione di un nuovo soggetto di diritto, ma l’unificazione di quelli partecipanti all’operazione di fusione, mediante la loro integrazione reciproca, con il mantenimento della propria identità in un nuovo assetto organizzativo.

Le medesime Sezioni Unite, tuttavia, hanno successivamente fatto propria una posizione diversa, affermando, con la sentenza n. 21970 del 30 luglio 2021, che la fusione estingue la società incorporata e provoca la successione universale della società incorporante nell’intero suo patrimonio, ovvero il suo subentro in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, dei quali la società incorporata era parte: più precisamente, secondo i giudici di legittimità, in caso di fusione per incorporazione, i rapporti giuridici proseguono in capo alla società incorporante o risultante dalla fusione, quale successore per legge esplicitamente identificato, mentre la società incorporata si dissolve e nessuna situazione soggettiva residua; alla vicenda estintiva della società incorporata si accompagna così la successione dell’incorporante, che assume la titolarità dei rapporti giuridici che facevano capo alla prima, nonché la legittimazione processuale attiva e passiva con riferimento a detti rapporti dei quali in origine era titolare la società incorporata, che, di converso, la perde.

  1. Fallimento della società estinta per incorporazione

La vicenda estintiva che caratterizza la società incorporata va coordinata con la regola dettata dall’art. 10 l.fall., che, prevedendo la dichiarazione di fallimento della società incorporata quale conseguenza della sua insolvenza e del mancato decorso dell’anno dal momento in cui si verifica la sua estinzione (conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese), a prescindere dalla solvibilità o meno dell’incorporante, trova il proprio fondamento nell’esigenza di evitare che la dissoluzione dell’impresa possa vanificare le aspettative dei creditori, provocando la perdita della loro garanzia e un’indefinita incertezza in ordine alla stabilità dei rapporti giuridici coinvolti.

La norma in questione, pertanto, sancisce la fallibilità dell’imprenditore tanto individuale quanto collettivo, a condizione che non sia trascorso più di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese e che l’insolvenza si sia manifestata anteriormente alla medesima o nel predetto termine, sicché, per quanto riguarda le società, consente che siano assoggettate a fallimento anche quelle che, coinvolte in un’operazione di fusione, si sono estinte a seguito di cancellazione dal registro delle imprese. È evidente che una simile eventualità può verificarsi solo in quanto vi è una disposizione speciale (l’art. 10 l.fall.) che la prevede, a riprova del fatto che la regola generale è quella per cui la fusione per incorporazione e la conseguente cancellazione della società incorporata dal registro delle imprese ne determina l’estinzione.

La possibilità – espressamente contemplata dall’art. 10 l.fall. – che una società sia dichiarata fallita anche dopo essersi estinta comporta necessariamente che tanto il procedimento per la dichiarazione di fallimento quanto le eventuali successive fasi di impugnazione continuino a svolgersi nei confronti della società medesima (e, per essa, del suo legale rappresentante), nonostante la cancellazione dal registro delle imprese: in altre parole, nel corso della procedura concorsuale, la posizione processuale del fallito è sempre impersonata dalla società e da chi la rappresenta legalmente, alla stregua di una fictio iuris che postula come esistente un soggetto ormai estinto ai soli fini del procedimento concorsuale.

Il procedimento prefallimentare e le eventuali successive fasi impugnatorie, dunque, continuano a doversi svolgere nei confronti della società estinta, non perdendo quest’ultima, in ambito concorsuale, la propria capacità processuale, anche quando, nell’ipotesi della fusione per incorporazione, al fenomeno estintivo si sovrappone quello successorio.

L’eccezionale coesistenza – destinata a operare solo nello stretto ambito in cui il legislatore fallimentare l’ha prevista – tra la società incorporata e la società incorporante fa sì che, a seguito dell’apertura della procedura concorsuale, i patrimoni delle due società tornano a riacquistare la loro autonomia, dovendo i beni dell’incorporata essere destinati esclusivamente al soddisfacimento dei creditori della stessa, mentre quelli dell’incorporante restano esposti tanto alle loro iniziative quanto a quelle dei creditori suoi propri.

Mantenendo fermo il principio della sopravvivenza della società incorporata per un limitato periodo di tempo e ai soli fini dell’apertura della procedura concorsuale, è indubbio che, in virtù della corrispondenza tra legittimazione sostanziale e legittimazione processuale che trova la sua base normativa nella disciplina speciale dettata dall’art. 10 l.fall., il destinatario della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di cui all’art. 15 l.fall. debba individuarsi nella società incorporata (che, in via d’eccezione, rivive) e non nella società incorporante, pur rivestendo quest’ultima la qualità di successore a titolo universale della società incorporata sottoposta alla procedura concorsuale.

Ciò, peraltro, non esclude che la società incorporante, avendo un qualificato interesse a interloquire sulle sorti della società incorporata, possa partecipare al giudizio prefallimentare, spiegando intervento e proponendo poi reclamo, in qualità di soggetto interessato alla sentenza dichiarativa di fallimento.

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