L’ACCETTAZIONE DELL’EREDITA’ CON BENEFICIO D’INVENTARIO

a cura dell’avv. Paolo Cagliari

Il contributo analizza, alla luce dei più recenti arresti giurisprudenziali, alcune questioni relative all’accettazione beneficiata dell’eredità.

  1. L’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario

L’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario consente, ai sensi dell’art. 490, comma 1, c.c., di tenere distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede, dando luogo alla formazione di un patrimonio separato, in deroga al principio generale di cui all’art. 2740 c.c., secondo il quale il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.

L’accettazione beneficiata richiede la forma scritta ad substantiam e dev’essere formalizzata mediante dichiarazione ricevuta da un notaio o da un cancelliere del tribunale (art. 484 c.c.), inserita nel registro delle successioni e trascritta nei pubblici registri immobiliari, non essendo previste forme o strumenti diversi per conseguire gli effetti del beneficio.

L’art. 490 c.c. stabilisce, al comma 2, che l’erede conserva verso l’eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto (tranne quelli estinti per effetto della morte), che egli non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti (pagando soltanto con i beni ereditari e non anche con i beni propri fino alla concorrenza del valore dei beni ereditari) e che i creditori dell’eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell’erede.

L’erede che paga i debiti ereditari ultra vires hereditaris o con denaro proprio (anziché con quelli relitti) ha diritto alla surrogazione ai sensi dell’art. 1203, n. 4), c.c.

La volontà di avvalersi del beneficio va dichiarata al momento dell’accettazione, non essendo consentita la formulazione di diverse manifestazioni di volontà nel corso del tempo, stante il principio dell’irrevocabilità dell’accettazione.

L’accettazione beneficiata dev’essere seguita o preceduta dall’inventario, da farsi secondo le modalità prescritte dagli artt. 769 e seguenti c.p.c.: l’erede, dunque, può avvalersi del beneficio, che gli consente di soddisfare i creditori e i legatari nei limiti del valore dell’eredità ricevuta se vengono svolte le operazioni d’inventario, che, consistendo in attività di carattere materiale, possono essere compiute anche da soggetti diversi dall’erede, non incidendo ciò sulla fruibilità del beneficio.

L’art. 484 c.c., nel prevedere che l’accettazione con beneficio d’inventario si fa con dichiarazione preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario, delinea una fattispecie a formazione progressiva, di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti, non essendo ipotizzabile attribuire a uno di essi l’autonoma idoneità a dare luogo al beneficio, salvo il suo successivo venire meno, in caso di mancata esecuzione dell’altro. Ne consegue che la dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario determina l’immediato e definitivo acquisto della qualità di erede da parte del chiamato, mentre la limitazione della sua responsabilità resta condizionata alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell’inventario, in mancanza del quale l’accettante è considerato erede puro e semplice.

  1. Accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario e rinuncia all’eredità

In virtù di quanto stabilito dall’art. 471 c.c., l’accettazione con beneficio d’inventario costituisce l’unica forma di accettazione dell’eredità per i minori e per gli interdetti; allo stesso modo, dispone l’art. 472 c.c. per gli inabilitati.

Si tratta di una prescrizione di ordine pubblico, rispondendo all’interesse generale di non esporre l’incapace al rischio di depauperamento del proprio patrimonio a causa di debiti altrui.

Sia l’accettazione con beneficio d’inventario che la rinuncia all’eredità debbono essere autorizzate dal giudice tutelare (art. 320, comma 3, c.c.).

Gli artt. 485 e 487 c.c. disciplinano l’obbligo di redigere l’inventario a seconda che il chiamato sia o meno nel possesso dei beni, disponendo che, se l’inventario non è compiuto nel termine di tre mesi, decorrente dal giorno dell’apertura della successione (nel primo caso) o dalla dichiarazione di accettazione beneficiata (nel secondo caso), il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice; l’art. 489 c.c., d’altro canto, dispone che i minori (al pari degli interdetti e degli inabilitati) decadono dal beneficio d’inventario solo se, decorso un anno dal compimento della maggiore età (o dal cessare dello stato d’interdizione o d’inabilitazione), non abbiano redatto l’inventario, prorogandone dunque il termine di esecuzione e consentendo al minore divenuto maggiorenne di usufruire del beneficio compiendo, entro l’anno, le relative operazioni, nonché di accettare l’eredità con beneficio d’inventario nel caso in cui il suo rappresentane sia rimasto inerte o abbia posto in essere un’accettazione nulla o inefficace.

Di conseguenza, se il legale rappresentante del minore dichiara di accettare l’eredità ma non compie l’inventario entro il termine di tre mesi di cui agli artt. 485 e 487 c.c., il minore non è ex se considerato erede puro e semplice, non potendosi verificare, per tutta la durata della minore età, la decadenza del beneficio.

L’intenzione di avvalersi della limitazione di responsabilità espressa nella dichiarazione di accettazione dell’eredità non introduce una condizione sospensiva della sua efficacia, né costituisce un requisito del negozio di accettazione: la dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario non subordina, quindi, la volontà di succedere nel patrimonio del de cuius alla condizione che il dichiarante consegua il risultato di tenere distinto il patrimonio del defunto dal proprio. Il chiamato all’eredità che è nel possesso dei beni o che, non trovandosi in tale situazione, dichiara di accettare l’eredità con beneficio d’inventario rimane erede anche nel caso in cui non ottenga il beneficio, a causa dell’omessa redazione dell’inventario o della decadenza comminata dalla legge.

Secondo l’orientamento fatto proprio da Cass. civ., Sez. Un., 6 dicembre 2024, n. 31310, la posizione del minore, una volta che l’eredità a suo favore sia stata debitamente accettata con beneficio d’inventario, è disciplinata dalla norma – di carattere speciale – dettata dall’art. 489 c.c., secondo cui la decadenza a suo carico si verifica solo se, nell’anno successivo al raggiungimento della maggiore età, non sia stato redatto l’inventario: il minore divenuto maggiorenne, quindi, non può rinunciare all’eredità già accettata in suo nome dal legale rappresentante (giacché l’accettazione beneficiata è accettazione dell’eredità, esprimendo la relativa dichiarazione la volontà del chiamato di succedere nel patrimonio del defunto, che non può essere ritrattata o revocata, in base al principio semel heres semper heres), ma può solo procedere, qualora non sia già stato fatto, alla redazione dell’inventario, la cui omissione comporta che egli dev’essere considerato erede puro e semplice.

La legge ripudia l’idea che l’intenzione di avvalersi del beneficio d’inventario possa essere trattata alla stregua di una condizione sospensiva, dell’accettazione, tale da esprimere la volontà del dichiarante di essere erede solo se risponderà dei debiti del de cuius nei limiti del valore dei beni ricevuti.

Merita, a questo proposito, sottolineare che la disposizione di cui all’art. 473 c.c. stabilisce che l’accettazione da parte delle persone giuridiche e delle associazioni (escluse le società) non può avvenire se non con beneficio d’inventario: la norma è interpretata nel senso che la mancata redazione dell’inventario impedisce all’ente di succedere, sicché il mancato perfezionamento della fattispecie dell’accettazione beneficiata per omessa redazione dell’inventario nei termini e nei modi previsti dalla legge comporta per l’ente chiamato la perdita (ovvero il mancato acquisto) della qualità di erede.

La condizione che impedisce agli enti morali di accettare l’eredità ultra vires è considerata dalla legge insita nella loro condizione o natura ed è, quindi, definitiva, vale a dire non superabile, mentre per i minori e per gli incapaci è temporanea, essendo destinata a cessare al raggiungimento della maggiore età (per i minori) e al cessare dello stato d’interdizione o d’inabilitazione (per gli interdetti), come stabilito dall’art. 489 c.c. Secondo lo schema legale, pertanto, il rappresentante legale del minore può rinunciare o accettare l’eredità nella forma beneficiata; se accetta, il minore è erede e non decade dal beneficio d’inventario se, entro un anno dal compimento della maggiore età, provvede a redigere l’inventario (qualora altri non vi abbia già provveduto) e osservi i relativi obblighi, altrimenti sarà considerato erede puro e semplice.

  1. La surroga dell’erede beneficiato che ha pagato i debiti del defunto

L’erede che abbia accettato l’eredità con beneficio d’inventario, benché possa essere convenuto in giudizio dai creditori del de cuius che propongano azioni di accertamento o di condanna, per il fatto che egli ha comunque acquisito i diritti caduti in successione ed è divenuto soggetto passivo delle relative obbligazioni, ancorché intra vires hereditatis, non può – una volta che abbia eseguito la pubblicazione prevista dall’art. 498, comma 3, c.c. – essere assoggettato a esecuzione forzata (neanche con riferimento ai beni caduti in successione), dovendosi procedere alla liquidazione dei beni ereditari nei modi stabiliti dagli artt. 499 e seguenti c.c.

Al creditore dell’eredità non è, dunque, precluso il giudizio di cognizione volto ad accertare il credito e ottenere la condanna degli eredi, ma la sola fase esecutiva.

All’erede beneficiato, infatti, viene consentito di procedere attraverso la liquidazione individuale ex art. 495 c.c., ossia pagando i creditori mano a mano che si presentano, oppure, a sua scelta ovvero attraverso la liquidazione concorsuale ex art. 498 c.c., che, onde garantire pari condizioni dei creditori dell’eredità e dei legatari, prescrive il rispetto delle fasi (i) della formazione dello stato passivo, (ii) della liquidazione dell’attivo, (iii) della formazione dello stato di graduazione, con collocazione secondo il grado di preferenza legale (in primo luogo, le spese del procedimento di accettazione con beneficio d’inventario ai sensi dell’art. 511 c.c.; quindi i crediti assistiti da diritti di prelazione; infine, i legati) e (iv) del pagamento dei debiti ereditari. Il coerede beneficiato può pagare con risorse proprie i debiti del defunto, essendogli affidata la liquidazione del passivo (in quanto acquirente del patrimonio relitto e legittimato al compimento di tutti gli atti di amministrazione ordinaria e straordinaria ex art. 491 c.c., con obbligo di rendiconto ex art. 496 cod. civ.): in questo caso, potrà esercitare il diritto potestativo di regresso, sostituendosi al creditore rimasto soddisfatto, senza che rilevi in alcun modo la capienza o meno del patrimonio relitto, che non incide sull’accertabilità, a monte, dell’an e del quantum del credito, ma rileva soltanto a valle, nella fase di pagamento.

Come affermato da Cass. civ., Sez. Un., 6 dicembre 2024, n. 27626, ciò comporta che, così come il creditore del de cuius, anche il coerede può sempre agire, quale creditore in via di surroga, per il riconoscimento e il soddisfacimento del proprio diritto al rimborso nei confronti dell’erede beneficiato, il quale, intervenuta l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, è senz’altro erede, acquistando tutti i diritti caduti in successione e divenendo soggetto passivo delle relative obbligazioni, così da essere legittimato passivo in proprio e non quale rappresentante dell’eredità, senza che rilevi il fatto che non sia tenuto al pagamento dei debiti ereditari oltre il valore dei beni pervenutigli, né tantomeno l’insufficienza dell’asse ereditario.

L’incapienza del patrimonio relitto, lungi dal determinare una residua responsabilità pro quota dell’erede accettante con beneficio d’inventario, impedisce che questi, pur divenuto soggetto passivo delle obbligazioni cadute in successione e pur potendo essere condannato per l’intero debito, risponda con beni propri di quanto rimane ancora da pagare, atteso che, in concreto, la sua responsabilità resta limitata intra vires hereditatis, ove egli faccia valere il beneficio con l’apposita eccezione.

Ciò che conta, ai fini del diritto al rimborso, è che vi sia stato qualunque pagamento di debiti ereditari con risorse proprie e non cum viribus hereditatis.

L’erede contro il quale sia stato formato un titolo esecutivo che lo condanni in qualità di erede beneficiato, pur se tenuto al pagamento non oltre il valore dei beni a lui pervenuti (ex art. 490, comma 2, c.c.), per potersi esonerare dal pagamento deve dimostrare non che l’asse ereditario sia stato originariamente insufficiente per coprire le passività, ma che lo stesso è rimasto esaurito a seguito del pagamento dei creditori presentatisi in precedenza. Nella stessa posizione viene a trovarsi l’erede beneficiato che abbia pagato con risorse proprie il debito ereditario, al quale l’art. 1203, n. 4), c.c. concede il diritto potestativo di surrogarsi nella posizione del creditore ereditario e di esercitarlo anche attraverso l’instaurazione di un giudizio di cognizione volto a ottenere la condanna dell’eredità al relativo rimborso, dovendosi l’operatività del diritto di surroga legale intendere nel senso che essa opera anche senza il consenso del creditore originario e del debitore e non, invece, nel senso che la sua concreta attuazione possa prescindere dalla rituale domanda del terzo che ha pagato di volersi surrogare al creditore soddisfatto.